Tra l’entroterra della Riviera di Ponente e le colline dell’Alto Monferrato si estende un territorio favoloso, coperto da folti boschi dove crescono squisiti funghi, da verdi prati dove d’estate possono pascolare in libertà i nostri vitelli con il resto della mandria.
Si possono fare lunghe passeggiate per i sentieri che si snodano nel Parco Naturale Regionale del Beigua: la natura incontaminata consente di incontrare spesso un cucciolo di capriolo, timido ma curioso che non fugge, l’avvistamento di lepri, martore nibbio, biancone e svariati uccelli rari, qui è all’ordine del giorno.
Il coloratissimo borgo capoluogo racconta la storia del territorio sin dal Paleolitico, da sempre fortemente legato a Genova, con il mulino ad acqua che ancora macina il grano a pietra, le botteghe del centro storico ed i bar dove sono esposti i funghi, gli amaretti ed i “tirotti”, il tipico pane che viene prodotto solo qui e le chiese fanno un insieme ed un ambiente unico per il turismo sostenibile.
Il prestigioso marchio di qualità turistico-ambientale delle Bandiere Arancioni del Touring Club è nato proprio qui e Sassello è stata la prima località italiana a venirne insignita.
Si narra che tempo fa gli anziani genovesi dicessero se qualcuno stava poco bene: “Portatelo a Sassello che si ripiglia”. Oltre all’aria buona e sana, dietro a questo detto probabilmente si celava anche un altro segreto: chi aveva bisogno di ritrovare le proprie forze, solo qui poteva contare su un toccasana dolce e speciale che accarezzasse il palato e l’anima: i famosi amaretti di Sassello.
Si dice che le origini di questo dolce si perdono nella notte dei tempi, secondo qualcuno risalirebbero al Rinascimento, o forse addirittura al Medioevo. Si narra anche che fosse stato inventato nella prima metà del ‘700 da un bravo pasticcere della corte dei Savoia.
Quello che è certo è che ufficialmente nascono nel 1860 e sono il sinonimo di qualità e raffinatezza nell’arte dolciaria.
Gli amaretti di Sassello divennero presto tra i più famosi d’Italia, e il boom economico ha fatto sì che diversi laboratori si trasformassero in piccole industrie. C’è stato invece chi, con grande lungimiranza, aveva scelto di mantenere le caratteristiche totalmente artigianali della propria produzione. È il caso di Antonio Giacobbe, che dopo una lunga gavetta, cominciata ancora ragazzino presso un importante laboratorio dolciario di Sassello, nel 1955 fondò la sua azienda con l’intento, mantenuto anche dalle generazioni che l’avrebbero seguito, di produrre gli amaretti tradizionali con metodi esclusivamente artigianali.
L’arte dell’amaretto è racchiusa in ogni pezzo fatto a mano, solo con l’utilizzo di pochi ingredienti genuini: mandorle, zucchero e albume d’uovo. Dopo un’accurata lavorazione, gli amaretti vengono cotti in forno e incartati manualmente uno ad uno per creare un dolce arcobaleno fatto di circa diciotto tipi di amaretti tra cui quelli al chinotto, alla castagna, al pistacchio, alla nocciola, ma anche con uvetta e pinoli, al cioccolato o agli agrumi.